BEATO BERNARDINO DA FELTRE - San Francesco Grande - Padova

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FRATELLI ILLUSTRI A PD
Beato Bernardino Tomitano (1439-1494)
 
Bernardino Tomitano nacque a Feltre nel 1439: primo di dieci fratelli, fu battezzato con il nome di Martino. Dotato di precoce intelligenza e di una memoria prodigiosa, imparò prestissimo a leggere anziché partecipare ai giochi dei coetanei, preferendo passare molto del suo tempo fra i libri.
Leggeva e parlava correntemente il latino e “si entusiasmava” a leggere opere dotte. Il padre gli faceva gustare la bellezza della nostra religione e suscitava nel suo cuore sentimenti di fede e di amore e Martino più si istruiva, più diventava devoto e caritatevole.
Durante la Quaresima del 1456, un umile francescano, Giacomo della Marca, dal pulpito della cattedrale predicava verità profonde ma semplici, che “folgorarono” il diciassettenne Martino. Quest’ultimo visse una profonda crisi interiore, culminante con la decisione di presentarsi allo stesso predicatore per manifestargli la volontà di abbracciare la vita francescana. Giacomo della Marca lo rivide per parecchi giorni, lo interrogò, gli parlò con affetto e semplicità della futura vita, che lo stesso san Francesco aveva indicato. Dopo più di un mese, convinto della divina chiamata, lo fece entrare nel convento di San Francesco Grande e il 14 maggio 1456 gli impose l’abito francescano con il nome di frate Bernardino. Senza dubbio per ricordare il suo grande amico e maestro, Bernardino da Siena, che qualche anno dopo la sua morte fu subito canonizzato. Il buon padre, dopo una prima “ribellione” (un secondo figlio e tre figlie avrebbero seguito l’esempio del fratello) ringraziò il Signore per la sua “chiamata”.
Frate Bernardino trascorse il noviziato a Sant’Orsola, appena fuori Padova; passò poi a Mantova e a Verona. Presso il convento teologico di Venezia seguì per 12 anni lo studio delle scienze sacre. A 24 anni celebrò la sua prima messa, a Mantova.
Vi era in quest’ultima città la consuetudine di ricordare i defunti con “elogi”, a consolazione dei parenti e conoscenti. Bernardino ne scrisse e lesse più di duecento e la fama che ne derivò lo aiutò in seguito a superare le molte difficoltà, i molti ostacoli nella fondazione del primo Monte di Pietà .
Ricevette dal Capitolo provinciale il titolo e l’ufficio di “predicatore”e in questa veste fu instancabile. Da Feltre a Trento, a Cittadella e nuovamente a Mantova, da Arzignano a Reggio Emilia, da Portogruaro, a Treviso, frate Bernardino suscitava sempre larga simpatia: la sua parola era semplice, infuocata, penetrante, testimonianza della sua grande conoscenza di uomini e di cose.
Nel periodo della sua attività pubblica, fra il 1470 al 1494, anno della sua morte, la nostra penisola era dilaniata da odi mortali e fazioni cittadine. Le classi ricche si disputavano il potere, erano prepotenti e indifferenti nei confronti dei miseri; aprivano ovunque banchi d’usura e in questo clima Bernardino parlava di perdono, di carità e di riconciliazione. Fu a Venezia che nel 1477 ottenne dal Senato veneto di far chiudere “case da gioco”e “di piacere” con la revoca definitiva dei permessi accordati dal doge in persona. Anche a Padova l’anno seguente, riuscì a liberare la città “da pubblici scandali”. Padova, sempre nel cuore, lo vede guardiano del convento di San Francesco Grande e ogni domenica tiene sermoni con ampio seguito di fedeli e anche non credenti. A tutti dà consolazione, speranza e aiuti concreti, frutto della carità di molti.
Quando nel 1479 scoppiò in Italia la peste, Padova non fu risparmiata e Bernardino “tuonava” dal pulpito, raccomandando la carità verso tutti, dando per primo l’esempio: si recava negli ospedali, primo tra tutti quello di San Francesco Grande, nei palazzi, nelle abitazioni misere, nelle strade per assistere e curare fin dove possibile i malati, cercando di porta in porta, il necessario per i suoi poverelli e i suoi frati. Quando il “male” lo colpì, in tutta segretezza si isolò nella sua cella, facendosi curare da un frate infermiere che gli applicò degli impiastri di sua preparazione. La pietà di Dio lo salvò, pur se debilitato.
Frate Bernardino riprese i suoi viaggi rigorosamente a piedi o sulla groppa di un somaro, grazie alle attenzioni caritatevoli dei più semplici, per continuare la sua predicazione, una volta che la peste attenuò la sua morsa. A Milano si parlò addirittura di un prodigio, perché, avendo Bernardino ricevuto il rifiuto dei barcaioli di fargli attraversare il fiume, non avendo denaro, lo passò stendendo il suo mantello, sedendovisi sopra con un compagno, come si trattasse di una barchetta!
In molti accorrevano alle sue prediche, dopo aver chiuso bottega; molti patrizi mutarono il loro modo di vivere e molti giovani abbracciarono la vita francescana, ma ugualmente molti gli furono nemici. In un’occasione cercarono di ucciderlo, ma il Signore vegliava su di lui: Bernardino rimase incolume e i due assassini rimasero ciechi sul colpo. In seguito li convertì e, con un segno di croce sugli occhi, rese loro la vista.
Gli spostamenti di città in città, compiuti senza nessuna comodità, secondo lo spirito francescano, minarono il fisico di Bernardino, chiamato “il frate piccolino”, che negli anni ebbe numerose ricadute, ma che con grande spirito di servizio e carità fu instancabile nell’avvicinare piccoli e grandi uomini.
Il popolo continuava a essere oppresso dall’ingiustizia e dissanguato dall’usura! Fu così che Bernardino ideò, studiò ed elaborò quell’opera della Provvidenza che doveva passare alla storia con il nome di Monte di Pietà. Molte furono le difficoltà da superare, ma nel dicembre del 1484, dopo una solenne processione di popolo, al canto di sacri cantici e reggendo uno stendardo su cui aveva fatto dipingere una “pietà”, dava inizio alla prima fondazione dei Monti di Pietà. Pietro Barozzi, vescovo di Padova, ammirato per la riuscita della fondazione del Monte di Pietà, sollecitò la venuta di Bernardino per la predicazione nel periodo dell’avvento e il “frate piccolino” sempre docile all’obbedienza, si mise in viaggio. Venne ospitato nel convento di San Francesco Grande, che rivedeva con gioia immensa insieme all’ospedale. Nei suoi sermoni sferzava ogni genere di vizio, continuava la ferma condanna nei confronti dell’usura e di chi la praticava. Dovette faticare a lungo contro padovani, veneziani ebrei e contro i costumi riprovevoli di ogni classe sociale!
Nella città del Santo predicò sia nel palazzo consolare, sia in cattedrale, ma più spesso nelle piazze che potevano accogliere più agevolmente le moltitudini che lo seguivano.
Se voleva stare un po’ quieto, doveva ritirarsi nel conventino di Sant’Orsola e pregare i magistrati di Padova di far alzare il ponte levatoio alla porta della città. Perorare la causa del Monte di Pietà fu snervante, ma nel 1449 il vescovo poté benedirne la sede. I padovani vollero ricordare l’avvenimento con una lapide in versi latini: Vive diu et montes pietatis construe multos, Bernardine, piae religionis honor...: Vivi a lungo e istituisci ancora altri monti di pietà, o Bernardino, onore della nostra religione.
Bernardino venne quindi inviato dai superiori in Romagna dove il suo impegno fu a tutto campo. In una breve sosta a Parma svergognò alcuni falsificatori di bolle papali, che mercanteggiavano indulgenze.
La salute frattanto declinava e sempre più frequenti erano gli episodi di emottisi. L’obbedienza ai superiori lo voleva a Pavia, ma fu un viaggio quanto mai lento e doloroso. Finché poté reggersi divideva il tempo tra la preghiera, lo studio, i consigli e gli ammaestramenti a chi lo avvicinava nella sua cella. L’anima grande del “frate piccolino” spiccava il volo per il cielo all’alba di domenica 28 settembre 1494. 
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